BULLISMO: una riflessione sulla violenza fra giovanissimi.

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Periodicamente emergono notizie su episodi di violenza tra giovanissimi che, nonostante non siano certo una novità, producono sempre l’effetto di disorientare gli adulti. Questo sia per la crudeltà delle azioni in rapporto alla banalità delle motivazioni sia, soprattutto, per l’atteggiamento degli altri ragazzi e ragazze, quelli che pur non partecipando attivamente offrono con il loro atteggiamento accondiscendente una silenziosa approvazione. Questo fenomeno va sotto il termine di bullismo.

BULLISMO: COS’E’?
Con questa espressione si intende un’azione che mira deliberatamente a far del male o danneggiare un’altra persona, che non è in grado di difendersi. E’ però un termine che non descrive sufficientemente, a mio giudizio, i toni drammatici e la grande quantità di dolore che il fenomeno porta al suo interno.
Al bullismo sono infatti associati vere e proprie aggressioni, violenze, stalking e in alcuni casi perfino istigazione al suicido.
Il bullismo può assumere diverse forme fisiche e verbali, dirette e indirette.
Le sue principali manifestazioni sono: uso di parolacce, prese in giro, dispetti, sottrazione di oggetti e può arrivare all’aggressione fisica, alle minacce, al ricatto, all’emarginazione ed alla diffusione intensa di dicerie e calunnie.
Perché si possa parlare di bullismo una o più di queste azioni deve essere rivolta sistematicamente e ripetutamente verso la vittima designata.

DOVE SI SVILUPPA?
L’ambiente in cui si svolgono gran parte degli episodi di bullismo è quello dei preadolescenti/adolescenti, la fascia d’età in cui è in piena formazione la nuova identità della persona. Per questo motivo concetti come reputazione e popolarità sono prioritari e l’emarginazione e la violazione della privacy con la diffusione di notizie o immagini private può essere quindi devastante. Non di meno, soggetti dotati di una personalità fragile e di norme interne non ancora ben strutturate e forti (come bambini ed adolescenti) subiscono profondamente gli effetti dell’essere considerati dei “perdenti” al punto da poter essere aggrediti o svergognati pubblicamente senza che nessuno intervenga.

QUALI SONO GLI EFFETTI?
Il principale è la radicalizzazione di vissuti come ansia, insicurezza, infelicità. Stiamo parlando di giovanissimi in cui si viene a formare un’opinione negativa di sé stessi e un profondo senso di inefficacia personale.
Ad aggravare il fenomeno contribuisce drammaticamente la facilità, al giorno d’oggi, di diffondere immagini o video in cui gli aggressori figurano come impavidi mentre le vittime sono esposte senza limiti nei momenti di massima vulnerabilità.
La diffusione tramite internet di questi episodi alimenta infatti il fenomeno parallelo dell’emulazione.
L’emulazione dell’atto di bullismo è una delle maggiori cause di diffusione del fenomeno. Poter vedere determinati “esempi” di comportamento aggressivo, in accordo alla teoria dell’apprendimento del comportamento aggressivo, rende più probabile la possibilità che un atto anti normativo venga compiuto. Ciò risulta vero soprattutto nel caso, come si diceva prima, di soggetti dotati di una personalità fragile e di norme interne non ancora ben strutturate.

LE VITTIME
Sono bersagli facili, fisicamente più deboli dei loro coetanei.  Nelle attività di gioco, sportive e di lotta, manifestano paura di essere feriti o di farsi male.
Anche il coordinamento corporeo è scarso; appaiono cauti, sensibili, tranquilli, riservati, passivi, sottomessi, timidi e piangono facilmente. Hanno difficoltà relazionali con i coetanei e spesso si rapportano meglio agli adulti, sia genitori che insegnanti.

IL RESPONSABILE
L’autore di questi episodi, il “bullo”, è spinto in genere da un forte bisogno di sottomettere e dominare i compagni. Appare duro e crudele verso le vittime, manca di empatia, ha un’opinione positiva di sé e una bassa tolleranza alla frustrazione. Spesso più forte di molti suoi compagni, è oppositivo ed insolente verso gli adulti ed assume frequentemente comportamenti devianti. Spesso è sostenuto da almeno un piccolo gruppo di coetanei.

Ma perché avvengono questi episodi, quali sono i veri motivi?
La risposta a questa domanda va cercata all’interno delle mura domestiche, nelle case dove crescono questi ragazzi, i cosiddetti “ bulli”. Sono ragazzi che vivono sentimenti oppressivi per cui trovano sollievo dominando gli altri, umiliandoli come, spesso, sono stati umiliati loro. L’aggressività nasce come soluzione ad un dolore interno, è una forma di compensazione, di adattamento. Rompere è facile, è più facile che costruire e in più, non espone al rischio di perdere ciò che si ha costruito. Sottomettere ed umiliare sollevano dall’odiosa sensazione di essere delle nullità. Gli amici ti guardano e ti approvano, ti temono e ti ammirano ed all’improvviso diventi qualcuno. E’ una logica semplice, priva di riflessione alcuna.

ADULTI: COSA FARE?
Ed è proprio in questa mancanza di riflessione che si può inserire l’azione dell’adulto.
La controreazione aggressiva evocata di fronte ad episodi del genere, il desiderio di reprimerli con durezza, punendo i bulli e sanzionando le famiglie, non porta verso alcuna soluzione del problema.

Più efficace si è dimostrata l’azione di confronto diretta ai protagonisti degli episodi (genitori, vittime e bulli) mirata a far emergere i vissuti di frustrazione, rabbia ed impotenza che sono gli ingredienti delle profonde cicatrici emotive che queste persone si portano dentro.
L’adulto esterno alla famiglia (l’insegnante, l’educatore, lo psicoterapeuta) può attraverso incontri guidati tra bulli, vittime e genitori, colloqui approfonditi con tutte le persone coinvolte, discussioni di gruppo, programmi di educazione emotiva e la promozione di dibattiti critici per favorire un buon clima scolastico, portare il pensiero dove prima c’erano solo rabbia e paura.

Non ci sono altre soluzioni efficaci, siano esse punitive o espulsive a questa crisi educativa. Si tratta comunque di una soluzione d’emergenza perché è compito di ciascuna famiglia educare il proprio figlio ad un comportamento rispettoso dell’Altro. Se i genitori dedicano maggiore cura alla crescita dei propri figli, esigono da loro maggior rispetto delle comuni regole, e se vigilano con maggiore attenzione su uno sviluppo corretto della loro personalità, non ci sarà poi bisogno di un “intervento dall’alto”, da parte delle istituzioni educative prima e correttive poi.

Se ognuno educa il proprio figlio, non c’è bisogno che lo faccia qualcun altro.

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